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Ho deciso oggi di parlarvi dell’importanza del tocco, una reazione istintiva alla sofferenza, al dispiacere, al disagio, in noi e in chi ci circonda. “Strofiniamo” automaticamente i lividi, bernoccoli, punti doloranti. Teniamo la mano di chi è in crisi e stringiamo chi è turbato in un abbraccio rassicurante.
Il tocco è forse il più antico metodo di cura, e da questa semplice arte sono nate discipline efficaci che impiegano l’imposizione delle mani come “strumento”. Tra queste troviamo l’osteopatia, la chiropratica, lo shiatsu, la riflessologia e, naturalmente, il massaggio.

Contatto significa rapporto con ciò che è esterno a noi, con la terra sotto i nostri piedi.

Per gli uomini – come per gli animali – toccarsi è di importanza vitale: il contatto fisico dà sicurezza, calore, piacere, conforto e rinnovata vitalità, ci dice che non siamo soli.

Di tutti i sensi, il tatto è il primo a svilupparsi. Il tocco è un ingrediente essenziale della nostra armonia generale. Fin dall’infanzia, coccole e carezze (che adoro fare anche io ogni sera a mia figlia!) sono una fonte basilare di nutrimento emotivo: ci fanno sentire amati e desiderati, aiutandoci a costruire una salda e sana autostima.

tocco memoria keats

Oltre trent’anni fa, lo psicologo americano J.M. Jourard dimostrò l’esistenza di un rapporto direttamente proporzionale tra la stima che un individuo ha di sé e la quantità di contatti fisici che ha con gli altri.
Per tutta la vita, il contatto fisico rimane un elemento importante del nostro benessere. Il nostro senso della realtà è basato sul tatto. Nella nostra società, esseri privati del contatto con gli altri uomini è una forma di punizione: la peggiore di tutte è l’isolamento. Quando non possiamo toccare ed essere toccati ci sentiamo dolorosamente soli e ansiosi.

Il contatto fisico è un linguaggio che usiamo istintivamente per mostrare i nostri sentimenti, per far sentire agli altri che li amiamo, li desideriamo o li apprezziamo. Sia il dolore fisico sia quello emotivo hanno una risposta immediata: per calmare il dolore dei lividi o il mal di testa stringiamo, confortando e accarezzando, comunichiamo simpatia (empatia?), comprensione, sicurezza. Soli, nel dolore, ci abbracciamo e ci culliamo, posiamo il capo stanco sulle braccia, massaggiando inconsciamente le membra doloranti.
Ma, a parte l’abbracciarsi l’un l’altro puramente per amicizia, per comunicare gioia e felicità, non ci siamo forse allontanati dai nostri istinti, limitando il linguaggio del tatto solo a certi contesti, nel dolore o durante il sesso, avendo paura di toccarci semplicemente per esprimere affetto, per rilassare o curare?
Allora ci chiediamo perché ci ammaliamo?
Risponderò col mio prossimo articolo a questa domanda.

(L’uso delle mani è di importanza vitale: un’autentica sensibilità, un atteggiamento premuroso, e la fiducia nella nostra capacità di aiuto possono avere effetti molto profondi, arrecando a chi riceve il massaggio una sensazione di piacere e di pienezza.)

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